Unico concerto milanese per Bobo Rondelli, una delle voci più belle, intense e poetiche d’autore italiana, in tour “promozionale”, come si dice in questi casi, del suo nuovo album Anime Storte (Sony Music Italy/The Cage) che parla di solitudine contemporanea, di vite fuori dagli schemi e di amore come malattia.
Non solo voce e chitarra di tanti incontri conviviali, ma un set completo, con cinque musicisti di razza sul palco, gli stessi che suonano nel disco: Fabio Marchiori (tastiere), Stive Lunardi (violino), Matteo Pastorelli (chitarra), Valerio Fantozzi (basso) e Simone Padovani (batteria).
In una Salumeria della Musica che a metà aprile, salvo colpi di scena, chiuderà i battenti dopo 18 anni di brillante attività – per autonoma decisione del suo fondatore Massimo Genchi, “stufo” della deriva che ha preso il consumo della musica in città –, quella di ospitare Rondelli è una scelta senza compromessi, che onora entrambi.
Livornese doc, Rondelli ha cantato spesso la sua città al punto che molti (a partire dal conterraneo Paolo Virzì, che anni fa lo ha celebrato nel road-movie “L’uomo che aveva picchiato la testa”) lo identificano con una sorta di nobile provincialismo, che lo accomuna all’amato Piero Ciampi e lo penalizza un po’ sulla scena nazionale, portandolo ogni tanto all’estero (Francia e Spagna in questo giro).
Livorno, Livorno… e Milano? Come vive Bobo Rondelli la nostra città?
“E chi la conosce, io ci vengo per suonare, ma poi me ne vado sempre. Ho visto “Villa Triste” in tv e m’è bastato…”.
Ci vivresti mai, con queste premesse?
“Sì, più a Milano che a Roma. Perché Milano scorre, è europea… per quel che resta dell’Europa. Roma invece è Il Cairo”.
Qual è l’aspetto che ti piace di più della milanesità?
“Francamente l’umorismo, soprattutto quello dei tassisti”.
Pensi sia ancora una città importante, vitale per la musica e lo spettacolo in genere?
“Lo è stata, sicuramente. La scena milanese ha prodotto talenti come i Gufi, Gaber e Jannacci. Anche Ciampi, se vogliamo: il suo primo disco era Autunno a Milano… E poi il cabaret con Cochi e Renato, lo Zelig”.
Su Milano non hai mai composto nulla…
“No, ma vedi io penso che le città siano proprio finite, come modo di essere, di sentire. Ormai sono tutti parabolizzati, ovunque vai. Ora c’è la musica rap, che certo ha la sua importanza. E poco di più”.
Alla Salumeria della Musica avevi già suonato?
“Un paio di volte. Bel posto, una specie di bar tabarin, adatto alle esibizioni come la mia, meno ai concerti rock che fanno altri numeri e richiedono altri spazi. Peccato che chiuda”.
Qual è la scaletta di quest’ultimo concerto in questa location?
“Tutti i brani del disco nuovo e poi i miei superclassici. Sicuramente “Madame Sitrì” e “Licantropi”, che piacciono al pubblico. Bisogna essere un po’ prostitute, senza dare baci in bocca…”.
Una curiosità: perché il tuo sito internet si chiama boborondelli.de, con il suffisso della Germania?
“Macché, boia dé è un’esclamazione tipica livornese… In realtà non lo so, perché il sito non l’ho fatto io”.
Che effetto ti fa essere alla rivalta a Milano nella stessa sera in cui, al Forum, si esibisce Lady Gaga?
“Preferirei guardare Lady Gaga, invece che fare il mio concerto. È brava, interessante, mezza italiana e scrive cose non male. Peccato la coincidenza…”
Del suo rutilante show si sa che include 22 brani e si sviluppa in sei o sette “atti”, compresi video e interludi. Il tuo di solito è un’incognita. Ma almeno, puoi dire quanto durerà?
“Questo è facile: fin quando non ci buttano fuori!”.
Riassumendo
Bobo Rondelli in concerto
18 gennaio, ore 21.30
Salumeria della Musica, via Antonio Pasinetti 4, Milano.
Ingresso 20 €