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Se avete voglia di vedere Charlize Theron come non l’avete mai vista, Atomica bionda di David Leitch (co-regista non accreditato di ‘John Wick‘) è l’occasione giusta. In apertura si ascoltano alcune delle parole più famose della Storia recente, pronunciate da Reagan: “Mr. Gorbaciov abbattiamo questo muro” e lo spettatore immagina che si tratti di un’opera legata al muro di Berlino. Dopo pochi secondi ci viene svelato che “questa è un’altra storia”, siamo però nello stesso anno, il 1989. Poco prima che quel muro venga abbattuto e due settimane prima della Guerra Fredda, un agente dell’M16 – custode della lista con tutte le spie al lavoro nella capitale tedesca – viene ucciso.
Dopo pochi minuti, da una vasca emerge lei, Lorraine Broughton (la Theron). Muovendosi sulla linea del tempo, intuiamo che scopriremo di lì a poco la causa delle tumefazioni che vediamo sul suo corpo, ma tutto ci viene svelato passo passo, dalla foto con l’uomo ammazzato nell’incipit al ruolo della donna, la migliore esperta di intelligence della Gran Bretagna. “È lei a essere inviata in missione nel continente per indagare sulla scomparsa del collega e rintracciare la lista perduta. In questa polveriera di rivolta sociale, controspionaggio, defezioni fallite e assassinii segreti, la bella e letale Lorraine, in squadra col capo dell’intelligence locale David Percival (James McAvoy), fa uso delle conoscenze apprese durante l’addestramento e di tutte le sue doti naturali per recuperare la lista prima che il muro si sgretoli, portando via con sé anche gli ultimi brandelli di comunismo” (dalla sinossi).
Come spesso accade in questo genere di film (ancor più se ben scritto), nulla è come sembra, anche quando si immagina che tutte le carte siano state scoperte. Il plot gioca dall’inizio alla fine con l’idea della “bomba atomica”, che la platea di turno può associare alla fantomatica lista da rintracciare, ma anche alla nostra protagonista, accentratrice dell’attenzione in tutti i sensi.
Atomica bionda è un action movie che tiene incollati grazie ad elementi ben calibrati, a partire dalla Theron, che riesce a racchiudere sensualità e aggressività in un modo disarmante. A ciò si aggiunge un regista che dimostra padronanza della macchina da presa, in cui spicca un piano-sequenza da capogiro, nella location di un palazzo, in cui l’attrice non si risparmia nei combattimenti contro gli agenti del KGB e l’obiettivo sta dietro ogni movimento dandogli risalto. Interessante la rilettura dell’elemento noir insito nella graphic novel di partenza (‘The Coldest City’), reso con una fotografia a tratti psichedelica e colorata, in cui gli spettatori si ingegnano cercando di inquadrare una donna che sarà sfuggente fino agli ultimi minuti. Qualche minuto in meno avrebbe ulteriormente giovato al ritmo, ma a parte questo appunto, il film diretto da Leitch resta un’opera riuscita e godibile ancor più per chi ama questo tipo di storie.
Voto 7
Una frase: Salvare il mondo è figo, ma il primo obiettivo è restare vivi