Sommario di questo articolo:
Andrea Amati è il cantautore emiliano che ha vinto il bando S.I.A.E “S’illumina”, permettendogli di finanziare questa nuova tournée.
Partirà il 16 novembre dal The Alibi di Foggia, proseguendo per l’intero mese di novembre e dicembre, per concludersi l’11 gennaio al Barone Rosso di Spinea (VE).
Il tour sarà l’occasione giusta per ascoltare i brani del nuovo album “Bagaglio a Mano”, ispirato dall’omonimo libro di Gabriele Romagnoli, che ha presentato il 5 novembre al “Ronchi 78” di Milano.
Fin dalle prime note, Andrea Amati ha presentato il suo stile, sperimentando nuove sonorità e un nuovo modo di approcciarsi alla scrittura, contaminato dalla tradizione cantautorale e teatrale.
Infatti, quest’album contiene, oltre i 9 inediti, una cover de “La ballata della moda” di Luigi Tenco e durante il live milanese non è mancato un omaggio al grande Lucio Dalla con il brano “Anna e Marco”.
Ecco la tracklist dell’album: “Mi sono perso”, “Bagaglio a mano”, “Cose”, “Altrove”, “Carmen”, “La ballata della moda”, “Salvo (2017)”, “Bacio botto”, “Il muro”, “Verrà il tempo”.
La nostra intervista ad Andrea Amati
È in rotazione radiofonica il brano “Cose” dell’album “Bagaglio a mano”. Ce la presenti?
Che colore ha questo album?
È un disco estremamente personale e l’ho colorato molto musicalmente, andando oltre ai miei standard.
I brani sono autentici, diversamente da alcuni che ho fatto qualche tempo fa, prendendo un po’ in giro me stesso e chi collaborava con me.
“Bagaglio a mano” no, è estremamente vero e se dovessi dargli un colore, lo identificherei con un rosso.
Ha un approccio passionale, non inteso come sentimento verso una donna, ma come per il modo in cui dico le cose, ecco.
” E i santi alla fine vanno sempre da chi sta già con un piede in paradiso” …Tratto dal brano “Mi sono perso”. Secondo te, perché è così difficile vivere di musica oggi? Farsi conoscere e rimanere in questo mondo?
Non lo so perché è difficile restare ad un buon livello nel mondo della musica, perché non ci sono ancora arrivato.
Perché è difficile arrivare? Proprio per quella frase e perché la domanda è calata e cambiata: non tanto per chi fa musica d’autore quanto per chi ha quel tipo di radici.
Sono esplosi tanti generi che hanno preso il posto di quello che era il “cantautore” e, oggi, un ragazzo trova molte più risposte nel rap, nella trap, rispetto a quello che può trovare nel mio disco, rivolto ad un pubblico di giovani adulti.
La velocità di successo è talmente forte che non c’è quasi il tempo di vedere crescere un progetto, a meno che non si ha l’abilità e la fortuna di imbroccare subito un canale che ti permette di passare dai locali ai palasport.
Ti senti in svantaggio, rispetto ai giovani e a questi “nuovi” stili?
No e neanche vantaggiato: sono contento di poter fare la mia musica e sono arrivato, concerto dopo concerto, a costruire un’identità.
Con “Bagaglio a mano”, credo di essere riconoscibile, con delle mie caratteristiche ed è arrivato nel momento giusto.
È un po’ tutto da vedere in termini di costruzione di una carriera, facendo riferimento a certi generi, data la velocità di come ogni anno esce un nuovo personaggio.
Sono due approcci diversi e a 34 anni non pretendo di “comunicare, arrivare” ad un sedicenne.
Lo stesso discorso per i talent, in cui ci sono molti concorrenti forti: non sarei adatto a quel tipo di canale, semplicemente per una questione di target diversi, sarei fuori contesto.
Ed essere fuori contesto non serve a nulla, né a me né al talent.
Bisogna sempre aver presente che Campionato si vuol giocare.
Accetteresti di farti scrivere un intero album da un altro artista?
No, un intero album no, ma dei pezzi sì. Infatti, per “Bagaglio a mano” ho chiesto ad altri autori di collaborare al progetto.
Canto senza problemi una canzone scritta da un altro, ovviamente se mi piace.
Alla fine, sono “nato” cantando le canzoni di De André, sono stato prima un interprete e poi un cantautore.
Per esempio, mi piacerebbe duettare con Francesca Michelin in “Cose”, sarebbe perfetta; il suo percorso mi è piaciuto molto.
Hai parlato di riferimenti musicali cantautorali, vuoi dirci chi ti ha ispirato e segnato musicalmente?
Sicuramente, il cantautore senza il quale non avrei mai cantato è Fabrizio De André e la sua “Hotel Supramonte”.
Prima del percorso musicale studiavo teatro e nella vita avrei voluto fare l’attore poi ho avuto questo “scontro” con la sua opera, durante gli anni universitari.
Conoscendo meglio la sua musica, ho voluto omaggiarlo e per farlo ho dovuto per forza cantare.
E così ho provato e mi è piaciuto, perché ho trovato subito quello che cercavo davvero come modalità di espressione.
Per qualche anno ho cantato in una tribute di De André, i “Guanti di Marco”, e dopo ho cominciato a scrivere i miei testi e ho capito che la mia strada fosse quella della musica.
Lo studio del teatro è ben evidente anche nei panni del musicista, sei molto teatrale. Improvvisi oppure un po’ ti “prepari”? E che differenza c’è tra i due palchi?
Direi che è tutto improvvisato, ma gli altri mi hanno fatto notare che c’è un gesto che ripeto spesso, ma non è per scelta.
I momenti colloquiali, quando scherzo con la band, sono tutti improvvisati, come quello che dico, nel bene e nel male.
Sì, per me sono due palchi molto diversi: con la musica posso usare quello che ho imparato dal teatro e posso farlo come meglio credo.
Il teatro, dopo un po’, mi stava stretto l’essere diretto: dovevo misurare tutto e mettevo poco di quello che era mio.
Invece, con la musica mi scrivo le canzoni e posso esprimermi completamente, assumendomi le responsabilità di quello che compongo e faccio: se una sera ho voglia di eccedere, nessuno può dirmi “non si fa”.
“Portami nei buoi a ritrovare il giorno migliore”, dal brano Altrove. In questo album, il tema del “perdersi” è uno dei principali. La musica in sé, ti ha mai messo in crisi? In che modo? oppure è sempre stata solo un’ancora o comunque “positiva”?
La musica è arrivata in un modo talmente incosciente ed è stato davvero un attimo di liberazione; non avrei mai pensato di cantare.
Prima, odiavo la mia voce e il suo suono molto nasale.
Ho avuto problemi con la mia voce, ma poi ho trovato il modo per esprimerla al meglio, pur non avendo nessun tipo di background musicale se non d’ascoltatore.
Amo ascoltare tantissimo la musica, amo collezionare vinili e il mio preferito è “Lucio Dalla”, che contiene il brano “Anna e Marco”.
La musica è sempre stata un’ancora di salvezza, da ascoltatore, perché mi sono sempre rifugiato in lei.
Da cantautore mi ha messo molto in crisi perché arriva il momento in cui vuoi piacere a tutti, quindi cominci a suonare dappertutto, per ogni tipo di pubblico.
Perché? Pensi che quello che fai possa andar bene per tutti, ma non è così.
E un sentimento che ti mangia dentro e rischi seriamente di sentirti inadeguato, per quello che è importante capire in quale Campionato giocare.
Un grande musicista, Andrea Morelli, chitarrista di Cesare Cremonini, mi ha detto che è fondamentale capirlo, perché è impensabile piacere a tutti.
Ci sono voluti un po’ di anni, ma alla fine ci sono riuscito.
Un consiglio che tutti ti danno, ma che proprio non vuoi sentirti più dire?
Ridendo, mi verrebbe da dirti: “il tuo è un percorso lungo…devi avere pazienza”.
In realtà la cosa che non sopporto sono le foto per i social: non mi piace quando non ho controllo su questa cosa, è una briglia che faccio fatica a lasciare ad altri, ma semplicemente perché non tengo così esageratamente alla mia immagine.
Ci tengo nel modo giusto, non ho l’esigenza di apparire belloccio o cose simili, anzi mi piace anche ironizzare su una foto venuta male e vorrei trasmettere anche questo sui social: non prendersi troppo sul serio.
Posso dire che, solitamente, la spunto io.
Non ti prendi molto sul serio?
Dò molto valore a quello che faccio, ci credo e ci investo, sia fisicamente e che mentalmente.
Ma con “Bagaglio a mano” ho cercato di lavorare anche sul fatto di migliorarsi e di non prendersi troppo sul serio.
Altrimenti ti passa la voglia di fare questo lavoro, il dover sempre dimostrare quel qualcosa in più, di essere il migliore.
È una dura lotta, ma si impara anche questo.
Quindi sei uno che si sente o si è sentito fuori dal tempo?
Mi sento sempre fuori dal tempo a tal punto di sentir di vivere in un “tempo mio”.
Di poter avere un po’ la presunzione di dire “io la vedo così e va bene”, sono libero di vivere le cose come meglio credo.
Hai aperto molti tour dei Nomadi. Cosa ti porterai di quest’esperienza?
La cosa che mi è piaciuta di più e ha aumentato la voglia di portare questo disco in giro è stato il loro entusiasmo.
Sono delle macchine da guerra: hanno suonato tantissimo nello scorso tour ed erano sempre delle rose.
Ed è bellissimo da vedere Carletti che sale sul palco come un ragazzo.
Un altro aspetto che mi ha colpito è stato il clima di familiarità che si creava tra tutti: dai tecnici, allo staff fino a loro.
È come se suonassero al bar, molto rilassati e nessuno era il “dipendete” dei Nomadi, tutti erano sullo stesso piano.
Essere una famiglia con i propri musicisti è importante per la riuscita di un live, di un progetto in generale.
Con che canzone descriveresti Milano?
Ho scritto una canzone su questa città e si intitola “Signora Milano” e la descrivo come una lady che ti attrae e tu ne sei irrimediabilmente attratto.
È una lady che può anche farti del male, una donna un po’ più grande, con fascino e pericolo.
Un po’ come la Carmen di questo album?
Carmen potrebbe essere la sorella minore, sì.
Il 16 novembre parte il tour: chi ci sarà con te sul palco? Prima di salire, hai una specie di rito?
Quando sono particolarmente teso riscaldo un po’ la voce, magari ho bisogno di qualche minuto per rimanere da solo, ma non è un’esigenza estrema.
Quando hai qualcosa da dire lo trasmetti lo stesso, anche se non hai fatto venti minuti di gargarismi.
Quindi no, non ho un rito particolare.
Durante il tour sarò accompagnato da Federico Mecozzi al violino, Massimo Marches alle chitarre e Stefano Zambardino alle tastiere.
Andrea Amati tour Bagaglio a Mano: le date
- 16 novembre al The Alibi di Foggia (in apertura del concerto dei Kaufman)
- i24 novembre a Correggio -RE (I Vizi del Pellicano)
- 30 novembre a Cormano – MI (Ecosteria Cortemanlio)
- 15 dicembre a Trieste (Loft)
- 21 dicembre a Torino (Il magazzino di Gilgamesh)
- 22 dicembre a Albenga – SV (Messico & Nuvole)
- 24 dicembre a Cantù – CO (All’una E Trentacinque Circa)
- 6 gennaio 2019 a Verona (Le cantine dell’Arena)
- 8 gennaio a Bologna (Bravo Caffè)
- 10 gennaio a Santarcangelo di Romagna – RN (Teatro Il Lavatoio)
- 11 gennaio a Spinea – VE (Barone Rosso)
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