Agnus Dei di Anne Fontaine aveva lasciato già il segno in chi aveva potuto assistere all’anteprima al Bif&st 2016. Ora, grazie a Good Films, è nelle nostre sale e vi consigliamo la visione perché è un’opera che riesce a toccare senza (s)cadere assolutamente nella retorica.
Siamo nella Polonia del 1945, la giovane dottoressa francese, Mathilde (Lou de Laâge), sta assistendo i sopravvissuti della II Guerra Mondiale. La ‘routine’ di quei giorni viene interrotta nel momento in cui una suora le chiede supporto in quanto sue consorelle, vittime degli abusi di soldati sovietici, sono rimaste incinta. Una donna esterna a quel luogo religioso e a loro diventa, forse, l’unico barlume di speranza.
A Milano abbiamo avuto la possibilità di assistere all‘incontro con la regista franco-lussemburghese, pronta a svelare i dettagli che ci sono dietro un progetto così delicato.
“Mi sono avvicinata alla storia attraverso i diari della dottoressa Madeleine Pauliac per raccontare una storia che parla di una disobbedienza positiva, la dottoressa, in fondo, disobbedisce alle regole della gerarchia dell’ospedale senza che nessuno lo venga a sapere”, ha raccontato. Agnus Dei è tratto, infatti, da una storia vera che, però, era poco nota anche agli stessi abitanti. “I fratelli Altmayer erano venuti a conoscenza della vicenda dal nipote della dott.ssa Pauliac e sono stati loro a propormi di realizzarne un film. Va detto che non c’erano, quindi, le voci di queste suore che vivono l’esperienza ognuna in modo diverso”, ha continuato la Fontaine, e le interpreti sono state bravissime nell’immedesimarsi in queste religiose che, ricordiamo, sono in primis delle donne.
“Mi interessava indagare la fragilità della fede che queste donne hanno e, in particolare, il tema della rinuncia alla maternità che, forse è la più grande rispetto a quella delle relazioni o del sesso”. La regista di Gemma Bovery (2015) ha avuto l’opportunità più unica che rara di esser presa come ‘novizia’, facendo due ritiri in conventi benedettini così da provarne la quotidianità di quei luoghi e “interiorizzare la vita comunitaria di queste suore soprattutto per non risultare caricaturale”. Possiamo affermare che è riuscita nell’intento così come è stata abile a dar vita a “un film che non avesse un tempo“.
Agnus Dei, per ciò che comunica, riesce ad andare oltre il contesto particolare del post Seconda Guerra Mondiale. Queste barbarie sono accadute veramente, in parte (trattandosi di un film di fiction), però, l’artista ha reinterpretato alcuni aspetti (il finale è preso dalla storia di un altro convento), senza romanzare.
Agnus Dei commuove perché mette in scena una vicenda umana, applicabile e riscontrabile in varie circostanze. Qui una situazione estrema, ha portato gli esseri umani a trasgredire – questa volta nell’accezione positiva – per venire in aiuto.
Come si concluda questa storia di vita e dolore ve lo lasciamo scoprire in sala.
Voto: 7,5
Una frase: la fede è ventiquattro ore di dubbi e un minuto di speranza