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After Earth recensione: Will Smith e il figlio Jaden di nuovo insieme nel film di Shyamalan

Valentina Fumo 12 anni fa

After Earth, ovvero quando un film diventa un affare di famiglia: soggetto di Will Smith, prodotto da lui, dalla moglie Jada Pinkett Smith e dal cognato Caleeb Pinkett, interpretato dall’ex Fresh Prince of Bel-Air e dal figlio Jaden -di nuovo insieme dopo La ricerca della felicità (2006) di Gabriele Muccino- il film affidato al regista di origine indiane M. Night Shyamalan ha il sapore di una operazione commerciale per lanciare la carriera del giovane Smith, classe 1998.

Come chiaro dalla trama del film, in uscita oggi 6 giugno, il passaggio di testimone fra padre e figlio avviene anche sullo schermo; After Earth è ambientato in un futuro lontanissimo, mille anni dopo l’abbandono della Terra da parte della razza umana. Insediatisi su Nova Prime, gli umani combattono contro gli Shrel; si tratta di una specie aliena che da tempo considera il pianeta la sua terra promessa e che scatena contro gli uomini un’arma sofisticata, gli Ursa, creature da incubo che fiutano i ferormoni emessi dagli umani quando hanno paura. Ma il leggendario generale dei ranger Cypher Raige (Will Smith) ha scoperto il loro punto debole: se gli esseri umani riescono a non avere paura, si rendono invisibili agli Ursa e possono facilmente uccidere le creature. Il giovane Kitai (Jaden Smith) tenta di emulare il padre nel tentativo disperato di averne l’approvazione e di diventare un ranger, ma è impulsivo e fallisce l’esame. Quando una tempesta di asteroidi danneggia la navicella di Cypher e Kitai, i due sono costretti a un atterraggio di emergenza sul pianeta dove ogni specie vivente si è evoluta per essere letale per l’uomo: la Terra. Il generale è gravemente ferito, ma guiderà a distanza suo figlio la cui missione sarà attraversare territori ostili, recuperare il radiofaro posto a 100 km di distanza dallo schianto e chiamare i soccorsi. Riuscirà a salvare il padre e a guadagnarsi il suo rispetto?

Fin troppo lineare nella trama da tipico romanzo di formazione, After Earth è penalizzato non tanto dal semplicismo, quanto dalla continua esplicitazione: non solo è infestato dalle superflue apparizioni del fantasma della sorella morta di Kitai -mentre lo spettatore arriva a comprendere le semplici dinamiche psicologiche alla base del film, senza che gli sia sbattuta in faccia la personificazione parlante del senso di colpa del ragazzo a spiegargliele- ma i dialoghi, non particolarmente brillanti, sono redenti solo da una battuta finale che strappa una risata.

Resta il talento di M. Night Shyamalan, certo lontano anni luce da capolavori come Il sesto senso, nel creare una narrazione sospesa, con campi lunghi e pochi tagli mentre l’occhio viene appagato dagli spettacolari paesaggi che richiamano in alcune scene quelli di Oblivion. Come il film di Kosinski, anche After Earth, pellicola chiaramente ecologista, è stato girato sui ghiacciai islandesi, ma anche nel parco nazionale degli Humboldt Redwoods in California e in Costa Rica vicino al vulcano Arenal e sul fiume Serapiqui. Avvincenti le sequenze generate dal computer e gli effetti visivi.

Incoraggiante la prova di Jaden Smith -certamente più preparato fisicamente dalle due ore al giorno di allenamenti, cinque giorni alla settimana per un anno che a livello attoriale- per un film che mantiene la promessa di onesto intrattenimento chiara fin dal trailer.

Il nostro voto: 6

Una frase: “Papà, voglio lavorare con la mamma!”

Per chi: Shyamalan non deve morire