La pazza della porta accanto è in scena fino a domenica 29 gennaio al Teatro Menotti di Milano e vi consigliamo di non perdervelo. Quando si entra in sala, anche se la scena non è completamente illuminata, si intuisce che c’è un sottile velo pronto a suggerire il connubio dentro-fuori – aspetto che toccherà, istante dopo istante, lo spettatore di turno, svelandosi totalmente solo sul finale, che ovviamente non vi riveliamo.
Prendendo in prestito il titolo omonimo di un libro di Alda Merini, Claudio Fava compone un testo che, in questo allestimento, entra nella pelle delle artisti in scena, i quali, a loro volta, lo restituiscono alla platea. La regia di Alessandro Gassmann (curatore anche dell’ideazione scenica a cui ha collaborato Alessandro Chiti) ha sempre più una mano riconoscibile. L’artista pone gli accenti lì dove vanno messi, senza cercare il pietismo proprio in linea col testo, ponendosi a servizio della storia e di una donna-artista troppo spesso dimenticata.
«Dopo aver letto il testo di Claudio, La pazza della porta accanto, un ritratto giovanile, intimo e struggente della grande poetessa, ho avvertito immediatamente la necessità, direi l’urgenza, di metterlo in scena. Un testo che si sviluppa all’interno di un ospedale psichiatrico e che ripercorre la drammatica esperienza della Merini. Erano gli anni in cui la parola depressione non si conosceva e chi soffriva di questa malattia veniva definito pazzo. Erano anche gli anni in cui negli ospedali psichiatrici praticavano l’elettroshock e i bagni nell’acqua gelata.
È in questa particolare dimensione alienante che la protagonista si trova a condividere le giornate con le altre malate alle quali offre spontaneamente i suoi versi, ma soprattutto è il luogo dove nasce un’appassionante storia d’amore fra lei e un giovane paziente.
Per questa mia decima regia ho immaginato un impianto scenico che riproponesse la claustrofobia di un reparto psichiatrico e mi permettesse di interagire con la visionaria immaginazione della nostra protagonista, che in scena è affiancata da nove tra attrici e attori», dalle note di regia. In tal senso si rivela ottimo il bilanciamento tra la mobilità della scena e le videografie di Marco Schiavoni», così commenta il regista.
Innegabilmente la poetessa dei Navigli è stata bistrattata, a suo tempo anche posta ai margini da alcuni e non valorizzata quanto avrebbe meritato. Lei che aveva dato parola e parole a chi viveva ai margini, agli esclusi, a chi era stato rinchiuso proprio come lei, ora riesce a rivivere grazie al testo di Fava e di questa messa in scena.
«Dieci ore al giorno qui dentro, non è che stiamo iniziando ad assomigliare a quelle lì», afferma all’inizio una delle infermiere dichiarando senza mezzi termini quella linea di demarcazione che i normali sentivano/sentono di avere verso i matti.
A dar volto, voce, vibrazioni e silenzi ad Alda Merini una strepitosa Anna Foglietta. L’attrice, divenuta nota soprattutto per i lavori cinematografici, in realtà è partita proprio dalle tavole del palcoscenico, dove torna in gran forma. Dalla scrittura a chi lo rappresenta, La pazza della porta accanto tiene profondamente conto, verrebbe da dire, del “se questa è una donna“. Durante lo spettacolo, si viaggia in empatia con la protagonista e le altre donne, avendo, però, anche la forte consapevolezza che non si potrà mai capire fino in fondo cosa abbiano provato la scrittrice e tutti coloro che hanno vissuto quella condizione.
Tutta la compagnia – Angelo Tosto, Alessandra Costanzo, Sabrina Knaflitz, Liborio Natali, Olga Rossi, Cecilia Di Giuli, Stefania Ugomari Di Blas, Giorgia Boscarino, Gaia Lo Vecchio – è in parte. Un personaggio, però, ci ha colpiti in modo particolare al di là della protagonista: una paziente che immagina di essere un’attrice (bravissima Alessandra Costanzo), conferendo, talvolta, pillole di leggerezza e diventando anche una figura emblematica di come il teatro possa essere poesia e, perché no, e viceversa. Alla partitura scritta con le parole di Claudio Fava (di cui ricordiamo anche Nel nome del padre con Roberto Citran) si unisce quella composta da Pivio Pischiutta e Aldo De Scalzi, pronta ad assecondare la temperatura emotiva dell’hic et nunc della storia.
«Il manicomio è come una cassa di risonanza dove il delirio diventa eco». Di quel luogo dov’era «proibito guarire» cosa resta? Ce n’è memoria? Questo spettacolo assurge anche a questa funzione, rilanciando anche delle domande con la raffigurazione del medico scisso tra certi metodi e tracce degli input che arrivavano da Basaglia (va ricordato che la Merini provò quest’esperienza prima della riforma dello psichiatra triestino).
Consigliato a tutti, ma ancor più ai giovani per conoscere, per non dimenticare e per farsi toccare dalle parole di chi sapeva esser voce per gli altri in primis. Il resto è silenzio.
La pazza della porta accanto, dopo la piazza milanese, continuerà la tournée.
DURATA: 80′
ORARI: lunedì riposo; martedì, giovedì, venerdì e sabato h 20,30; mercoledì h 19,30; domenica h 16,30
PREZZI: intero 26,50€; ridotto over/under 14€; ridotto convenzionato aziende, cral etc.16,50€; ridotto studenti e associazioni 11,50 €