Ieri è stato il giorno del tuo funerale. La notizia che non c’eri più è arrivata in questo freddo maligno d’inizio ottobre, troppo precoce per essere inverno. Per tre anni, giorno dopo giorno, sei stato un pilastro della nostra redazione, una parte indissolubile di questo meraviglioso gruppo. Ti ho conosciuto che eri un curriculum arrivato via e-mail, ma ho imparato molto presto a fidarmi di te. Quante volte, scherzando sulla “gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria (così ti facevi chiamare da me) abbiamo festeggiato in chat o al telefono i frutti di tanta caparbietà e impegno. Quanta dedizione c’era in tutto quello che facevi, nelle tue passioni: il cinema innanzi tutto, ma anche il basket. Eri discreto, appassionato e puntuale come un orologio (negli anni ero diventato così fiero del fatto che ti fossi adattato a scrivere di qualsiasi cosa, perché era esattamente quello che cercavo). Uno dei miei ricordi più forti è il tuo volto commosso all’uscita dall’Anteo, con il documentario su Berlinguer ancora negli occhi. E ti chiedevo un parere, perché avevo bisogno di imparare a guardare un film da chi come te aveva il cinema dentro. Ma ti ricordo anche giocare con la piccola Irene, durante una delle nostre cene, timido e disponibile come sempre. Non riesco invece a ricordarti arrabbiato, né in escandescenze: avevi anche questo dono. Ciao, Marco, continueremo questa avventura portandoti per sempre con noi.
(Andrea)
Nella vita esistono persone che semplicemente ci sono. E tu, Marco ci sei sempre stato. Con la tua semplicità e generosità hai donato te stesso, senza remore, senza freni. C’eri con la tua precisione, con il tuo zelo, con la tua ironia, con la tua riservatezza. Abbiamo condiviso un progetto, siamo saliti sulla stessa barca, con riunioni al cardiopalma per paura di perdere i mezzi per tornare a casa, con chat ad ore improponibili della notte, con l’ansia da prestazione di numeri e keyword. Come veri e propri compagni di viaggio, a cui è stato concesso solo un battito di ciglia. Un battito che tu hai però saputo rendere prezioso. Avrei voluto poterti conoscere meglio, nel modo in cui piace a me: quelle amicizie che si sedimentano col tempo, che diventano uniche con gli anni come un buon vino, che crescono maturando aneddoti ed esperienze condivise. Non ce n’è stata occasione. Come un fulmine a ciel sereno, te ne sei andato e a me non resta che augurarti buon viaggio.
(Veronica)
Quella di Milano Weekend è qualcosa di più di una redazione: scherzando, fra noi redattori, ci chiamiamo “redafamiglia”, un gruppo affiatato che ha abbracciato un progetto un po’ folle, quello di creare e far crescere una testata giornalistica quando i giornali chiudono. Ieri, ancora pieni di incredulità, abbiamo salutato un membro di questa famiglia, ti abbiamo salutato, Marco. E ti abbiamo detto grazie, per tanti motivi. Grazie per averci dimostrato che in ambito professionale, dove spesso ci si imbatte in personaggi disonesti e fieri di esserlo, si può e si deve lavorare in un altro modo: con slancio ed entusiasmo, ma con serietà; con grande preparazione, ma senza essere supponente; con dedizione, ma senza sgomitare; senza invidie, ma anzi tendendo la mano ai colleghi, sempre. Perché noi siamo una squadra e continueremo a esserlo, e tu continuerai a essere una parte di noi. Grazie per le idee, per le cene insieme, per i tuoi sorrisi timidi. Grazie per la valanga di post, per i tanti “Ci penso io, ragazzi!”, grazie per le gif con Pozzetto. E ancora un grazie, il mio personale, per i film visti insieme e per aver sempre risposto al mio immancabile “Marco, ma, quindi, che ne pensi?” con gli occhi che brillavano: il tuo amore per la professione giornalistica e la critica cinematografica mi ha sempre confortato nell’idea che dobbiamo batterci ogni giorno per fare delle nostre passioni il nostro lavoro. Il nostro abbraccio affettuoso va ai tuoi genitori, alla famiglia tutta, agli amici e ai colleghi delle altre testate con cui collaboravi, da LongTake a I-FilmsOnline passando per WhipArt. Ciao Marco, ci mancherai tantissimo.
(Valentina)
Caro Marco, la prima volta che abbiamo organizzato a casa mia la riunione di redazione, sei stato tu a suonare il campanello alle 19.30 in punto. Ti ho aperto la porta, tu mi hai sorriso e dietro di me è spuntata Irene, piccola duenne che vedevi per la prima volta. Ed è stato subito amore: ti sei messo a giocare con lei, ti ha addirittura portato subito nella sua cameretta per mostrarti i suoi peluche e non ti ha più mollato per tutta la sera. Tu sei stato a sua disposizione: hai partecipato alla riunione ma intanto le parlavi, ti prestavi ai suoi scherzi, la prendevi in braccio guardandola negli occhi. E ogni volta che il mio sguardo cadeva su di voi, dentro di me pensavo alla fortuna di aver trovato un gruppo di lavoro così, che non ha paura di volersi bene e prendersi cura l’uno dell’altro. Sono stata fortunata a conoscerti e ad averti come collega, fortunata a condividere con te progetti, tempo, cene, sfide, sogni. Grazie Marco, ogni volta che ti penserò sarò invasa da una sensazione di amicizia e calore: è un’eredità bellissima quella che ci hai lasciato, impossibile da dimenticare. Fai buon viaggio e sappi che continuerai a camminare con noi: eri un bravissimo giornalista e ti abbiamo voluto bene.
(Oriana)
Ci sono giornalisti che conosci più per la loro penna che dal vivo e con Marco era così: ci siamo incontrati poco, ma avevo letto i suoi pezzi e ho sempre pensato, quando mi capitava di recensire un film, che non avrei mai avuto la sua cultura e la sua passione per il mondo cinematografico. Si vedeva che era di quelli che sanno tutto e si ricordano ogni cosa, quelle persone che potrebbero stare lì ore a raccontarti, se tu facessi loro una domanda, e a non farti mai sentire da meno. Con Marco se ne va la possibilità di conoscere meglio un mondo, il suo, ma sono contenta di averlo almeno sfiorato.
(Cristina)
Te ne sei andato all’improvviso proprio quando avevi raggiunto un grande traguardo. Che poi lo sappiamo che non è il tesserino a fare il giornalista, ma per chi come noi fa questo mestiere dietro quel tesserino ci sono la fatica, la passione, l’entusiasmo. E ti devo ringraziare perchè forse lo hai fatto ricordare una volta di più anche a me. Anche quando ci si scherzava su, in una delle ultime chat. Siamo fatti di chat, di tweet, di post e di social, o almeno siamo convinti di esserlo, ma è quando accadono cose terribili come la tua che ci si accorge che l’assenza vera, che brucia, è un’altra. E’ una persona che avrei voluto avere più tempo per conoscere meglio, sei tu, con la tua cultura immensa di cinema che ho capito da subito, da quando ti ho incontrato la prima volta che sono stata accolta in questo meraviglioso gruppo di redazione … ops di redafamiglia, come ha già scritto qualcuno qui… Ciao collega, ciao Marco.
(Mariangela)
Ci siamo conosciuti parlando di bici e incontrati al cinema, la tua grande passione. Ti ho visto sempre gentile e disponibile, una persona curiosa e intelligente, con cui fare una chiacchierata attraverso così tanti argomenti da riempirci una serata in un battibaleno. Un po’ per lavoro un po’ per passioni comuni ci si incrociava spesso. Eppure resta la sensazione – così faticosa da sostenere – di non avere più tempo per conoscerti meglio. Per quell’aperitivo rimandato, per il manifesto di Francis Ford Coppola ancora da darti.
(Giulia)
Il bellissimo ricordo di Marco Valerio sul blog di Long Take.