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Deepwater, la vera storia del disastro: recensione

Deepwater - inferno sull'oceano

Deepwater - inferno sull'oceano

20 aprile 2010. Per 87 giorni, milioni di persone rimangono incollate davanti ai loro televisori per il più grave disastro petrolifero offshore della storia: 50.000 barili di petrolio si riversano nell’oceano. Nella piattaforma trivellatrice Deepwater Horizon, al largo delle Coste della Louisiana, a causa della risalita di una colonna di gas metano lungo una trivella, si scatena un incidente di proporzioni catastrofiche.

Peter Berg, sei anni dopo, decide di raccontare il disastro che causò la morte di 11 lavoratori. Deepwater – Inferno sull’oceano – proiettato al Toronto Film Festival – uscirà oggi nelle sale. Il regista spiega un cast di tutto rispetto: Mark Wahlberg nel ruolo di Mark Williams, capotecnico elettronico responsabile della supervisione dei sistemi elettrici, Kurt Russell è Jimmy Harrell il coscienzioso installation manager,  John Malkovich il tronfio manager della B.P. Mr Vidrine, infine  Kate Hudson moglie di Mark e un meritevole Dylan O’ Brien.

Deepwater – Inferno sull’oceano affronta un disastro mantenendo un registro di genere action-drama, ma con un approccio molto realistico, che intende riprodurre la quotidianità di un team di lavoro, usufruendo di un gergo tecnico, una fisicità degli attori ben permeata al contesto e la riproduzione di momenti che a tratti sfiorano il linguaggio quasi documentaristico. Una scelta interessante, che cala lo spettatore in una realtà operosa fatta di “sudore”, visi sporchi, goliardia e condivisione di un gruppo di persone costrette a misurarsi giorno per giorno anche con l’inconveniente: è da qui che la pellicola attinge il suo valore.

Berg non si limita a presentare un disastro ambientale aderente alla realtà, con esplosioni e violenti incendi, ma analizza il risvolto umano della vicenda, oltre a condensare l’aspetto ecologico nel disperato e atrofizzato volo di un pellicano interamente ricoperto di greggio. Lavoratori indotti a dover prendere decisioni in tempi rapidi, professionisti che si muovono su una piattaforma di ultima generazione con sistemi di allarme innovativi, persone che alla fine lottano per salvare la propria pelle e quella dei compagni.

Perché vedere Deepwater? Per conoscere i fatti tradotti in modo realistico e con ritmo convincente.  Un disastro che lascia ancora interrogativi aperti, cause da accertare e risposte a cui il regista non si sottrae. Deepwater, sebbene viri alla fine sul taglio cinematografico tipicamente celebrativo del made in USA, ha il merito di aver portato sul grande schermo uomini e donne che ogni giorno vivono sospesi sull’oceano e che hanno dovuto affrontare l’Inferno.

Il nostro voto: 8

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