La Roma di Suburra è sprofondata nel buio della notte, lucida di pioggia che cade incessante sui sanpietrini del centro e sull’asfalto delle periferie, del sudore dei corpi delle squillo minorenni che incontrano onorevoli negli hotel vicino a Montecitorio e dei giovani che ballano al ritmo di techno e coca nelle discoteche dai nomi esotici che affollano il lido di Ostia; la rischiarano solo i lampeggianti delle auto blu, le strobo dei locali e il fuoco degli incendi dolosi che divorano le speranze di chi si rifiuta di vendere le proprie proprietà alla criminalità.
In ballo c’è un progetto ambizioso, una grande visione: si chiama Water-front e trasformerà il litorale romano in una nuova Las Vegas; per realizzarla serve l’appoggio del politico corrotto Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), di Numero Otto (Alessandro Borghi) -giovane e impulsivo capo di una potentissima famiglia che gestisce il territorio di Ostia- e, soprattutto, di Samurai (Claudio Amendola), l’ultimo e spietato componente della banda della Magliana. Quando tutto sembra deciso, ecco che la morte di una prostituta minorenne mette in moto un inarrestabile effetto domino: un viscido PR senza scrupoli (Elio Germano), una escort spaventata (Giulia Elettra Gorietti), una tossicodipendente senza paura di nulla (Greta Scarano) e il capoclan di una famiglia di zingari (Adamo Dionisi) porteranno questa storia verso un epilogo inaspettato.
Tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo edito da Einaudi, Suburra si rifà nel titolo al quartiere dell’antica Roma ai piedi del Palatino in cui, fra bordelli e taverne, nobili senatori incontravano gente di malaffare: gli stessi immutabili meccanismi reggono la trama del film di Sollima, in uscita mercoledì 14 ottobre, in cui a conquistare lo spettatore sono le tinte fosche e la tensione costante di un intreccio serrato che passa dalle stanze vaticane e dal Parlamento una settimana prima dell’abiura del Papa e della caduta del governo.
Dopo il successo di Gomorra – La serie, Sollima torna al grande schermo: la sua Roma, mangiata dall’asfalto e perduta come una moderna Sodoma, non lascia spazio all’assoluzione o alla speranza: nessuno si salva, come in una sorta di cupa allucinazione. Nessuna morale, nessun messaggio.
L’istinto per la scena e il senso d’insieme del racconto di Sollima, si uniscono alla convincente prova di uno strepitoso cast: Elio Germano è bravissimo nel rendere viscido e ambiguo il suo Sebastiano che ci ha riportato alla mente, in alcuni momenti, il Lucio di Tutta la vita davanti; splendidi Amendola e Favino che riescono a reggere la scena con grande solidità; si confermano affidabile e intensa Greta Scarano (che già avevamo visto lavorare già con Favino in Senza nessuna pietà) e convincente Giulia Elettra Gorietti. Infine, prova di eccellenza per Alessandro Borghi e Damiano Dionisi.
Da vedere.
Il nostro voto: 8+
Una frase:
Filippo Malgradi: “Sei stato tu?”
Samurai: “È stata Roma.”
Per chi: aspettava il ritorno di Sollima sul grande schermo.