“È arrivato il momento di collaborare, condividere le nostre competenze e mettere in contatto chi potrebbe sviluppare un’idea o un progetto per creare una rete di conoscenze e di conoscenza. Potrebbe persino aiutarci a uscire dalla crisi, o almeno a trovare il modo di applicare al meglio le nostre capacità, magari un lavoro nuovo, e di sicuro una vita più interessante”.
“I più bravi networker vogliono costruire relazioni di lungo termine, condividere le proprie competenze mettendole a disposizione di chi incontrano, aggiungere valore tanto quanto ne vogliono ricevere. I networker sono le persone che mettono in contatto gli altri tra loro e non tutti con sé. Io non sono al centro del mio network, ne sono parte”.
Domitilla Ferrari, digital strategist per Mondadori e blogger di successo (Semerssuaq) molto seguita anche su Twitter (@domitilla) è in libreria con il nuovo libro Due gradi e mezzo di separazione: grazie a internet e ai social network, il mondo si è incredibilmente accorciato rispetto al 1929, quando lo scrittore Fryges Karinthy propose la teoria dei sei gradi di separazione, che avrebbero potuto connettere chiunque a qualsiasi altra persona nel mondo.
Il libro sarà presentato il 21 febbraio alle 11,30 (Mondadori Piazza Duomo – ingresso libero) nell’ambito della Social Media Week. Oltre all’autrice, saranno presenti Giovanni Boccia Artieri (rettore dell’università Carlo Bo di Urbino) e il direttore di Wired, Massimo Russo.
Domitilla, a chi si rivolge questo libro?
“A tutti, da chi non sa assolutamente nulla a chi pensa di saperne. È un ritorno alla buona abitudine di conoscere gli altri, un manuale per capire come rendere utile e piacevole quello che facciamo già online”.
Cosa legge un networker?
“Quello che gli interessa davvero, in modo da poterlo condividere. Tutti sappiamo qualcosa di rilevante, non occorre essere scienziati. Online le competenze diventano molto più interessanti, se rispondi dando un valore al tuo intervento: questa cosa ci semplifica la vita, perché crea una sorta di consulenza gratuita”.
Da cosa nasce invece l’astio in Rete?
“Dalla tendenza a esasperare le situazioni, spesso perché la gente non pensa che lì si trova davanti a persone vere”.
Un consiglio per usare al meglio i social network? È probabile che se ne diffondano nuovi?
“Non serve essere presenti per forza su tutti i social: ognuno ha un suo strumento d’elezione. Non ci saranno grandi novità a breve, bensì i player già esistenti ci permetteranno di interagire di più, facendo la guerra alle chat. Hangout di Google, ad esempio, la farà a tutti i sistemi proprietari per le conference call. Instagram ha aggiunto di recente i messaggi diretti”.
È diverso il modo di fare networking tra l’Italia e l’estero?
“Un esempio: noi italiani siamo i più espansivi? Non è sempre così. Gli inglesi sono bravissimi: ti abbracciano di meno, ma si ricordano come ti chiami. Noi diamo spazio agli altri, ma poi tendiamo a dimenticarli. Pensa all’incontro per un caffè: per gli italiani è in piedi, svelto, al bancone; per altri è lungo come un caffè americano”.
Come vedi i blog oggi?
“Da quando usiamo molto i social network non abbiamo più un archivio, il blog è questo: trovi concetti e commenti in un unico posto, anche se è più difficile curarlo, perché abbiamo sempre meno tempo”.